La “Maschera di Pietra”

La “Maschera di Pietra”

La “Maschera di Pietra” di Golgo, detta anche “Faccia Litica”, è una parete basaltica che rivela un sorprendente antropomorfismo se osservata da un determinato punto del sentiero sottostante: bizzarro risultato dell’erosione provocata sulla roccia dagli agenti atmosferici. La parete rocciosa, alta dieci metri circa, sulla quale pioggia e vento hanno tracciato fattezze umane, definendo quasi nel dettaglio occhi naso e labbra, si trova nel versante orientale di “Baccu Dolcolce”, dietro un costone basaltico che si eleva a pochi metri dall’agriturismo “Il Rifugio” (costruito all’inizio degli anni Novanta nell’ambito di un programma di potenziamento delle strutture ricettive dell’altopiano di Golgo).

La “Maschera di Pietra” è facilmente raggiungibile percorrendo un sentiero che parte dal piazzale del “Rifugio”, grazie anche al fatto che i gestori della struttura hanno appositamente ristrutturato uno spettacolare “scalone” in ginepro che permette di affrontare in tutta tranquillità la scarpata che costeggia la singolare parete rocciosa. Oltre che per osservare questo strano volto di basalto, il luogo merita di essere visitato anche perché pochi metri a valle della “Faccia Litica” si apre una stretta voragine (“nurra”, in sardo) dall’imboccatura non più ampia di cinque metri. Questa “nurra”, profonda oltre 120 metri, nota fra gli appassionati di speleologia come “il Golghetto”, è chiamata dai pastori di Baunei “Sa Nurra de Genna Sarmentu”. A poca distanza da questa “nurra” si intravede la parte terminale di “Baccu Dolcolce”, dove inizia la “Codula di Sisine”, il letto del corso d’acqua a carattere torrentizio che da Golgo arriva sino al mare, sfociando nell’omonima “Cala Sisine”.

Il punto in cui il Baccu Dolcolce confluisce nella codula è considerato da sempre un importante accesso alla piana di Golgo ed è chiamato “Genna ’e Sarmentu”, che significherebbe “Porta della Vite Selvatica”; secondo un’altra interpretazione il toponimo dovrebbe essere invece inteso come “Genna ’e S’Armentu” (“Porta degli armenti, del bestiame”, in sardo). Sul versante opposto a quello della “Maschera di Pietra”, ad un quarto d’ora di cammino dalla “nurra”, si ergono i resti del “Nuraghe di Genna Sarmentu” (in pietra basaltica), il quale conserva ancora una dozzina di mensole che costituivano il coronamento a terrazzo sporgente dei bastioni. Questo nuraghe è solitamente indicato nelle guide come “Nuraghe Alvo” (“albu” = “bianco”, in sardo), nome che invece dovrebbe fare riferimento ai resti di un altro nuraghe, in pietra calcarea, che si trova più in alto nel costone.

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